Ho ucciso Minni

No, non è una metafora: ho realmente ucciso Minni, anche se inavvertitamente.

È successo domenica, in montagna, in un'affollata area giochi per bimbi alla stazione di mezzo della cabinovia del Cermis (posto splendido, peraltro, che consiglio senza condizioni) (sì, è il posto della tristemente famosa strage; nel frattempo la funivia è stata sostituita appunto con due cabinovie consecutive, che corrono molto più vicino al suolo... e non credo sia un caso).

L'avevo anche vista, ma mentre correvo per prendere al volo mio figlio che si stava (come è suo costume) cercando di fare male, ho inciampato in qualcosa... e voltandomi, inorridito, l'ho vista, riversa sul terreno, mentre il suo sangue gocciolava dal naso e le sue zampette, per aria, si distendevano e si contraevano negli ultimi spasmi dell'agonia. Eravamo in montagna, ed avevo anche indosso gli scarponi.

Minni era un coniglietto, di massimo qualche mese: non c'è stata battaglia, tra la suola di vibram ed il suo pelo grigio. Era tenuta al guinzaglio da un fratellino della sua padroncina, che ha guardato incredulo le scaglie di corteccia sul terreno colorarsi di rosso, mentre accorreva la sorella già in lacrime. Ed anche se è questionabile l'accortezza di portare un esserino così fragile in un posto dove era pressoché matematico che prima o poi qualcuno le saltasse sopra, non cambia nulla - due bambini che ti guardano con il cuore spezzato e gli occhi lucidi ti fanno sentire l'essere più spregevole della terra, e nulla in tuo potere può fare niente per cambiarlo.

Già... ci si trova, in un attimo, contro qualsiasi volontà ed attesa, a costringere un bimbo a mettersi di fronte all'ineluttabilità della morte. Per quanto sia una inevitabile lezione che prima o poi devono affrontare, mi sono sentito una merda lo stesso. E poca catarsi mi dà anche questo scriverlo sul blog.

Commenti

Anonimo ha detto…
Lo diceva sempre mia nonna: "guarda dove metti i piedi ... non girare con la testa tra le nuvole"

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